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Due sedie si fronteggiano in un silenzioso confronto: una è bianca, l'altra nera, poste a formare un angolo retto, dove la testa della gamba di quella di destra, si accosta a quella di sinistra. Al posto della seduta, ciascuna sedia accoglie un specchio perfettamente riflettente, lucido come acqua immobile.
Chi si avvicina per sedersi si trova di fronte a un gesto impossibile: lo specchio rifiuta la funzione della sedia e restituisce invece l'immagine del corpo, del volto, dell'identità. L'oggetto del riposo diventa superficie di riflessione, non solo ottica ma interiore.

È il titolo provocatorio che l'artista Romano Romolo Basili ha voluto dare all'opera. Una coppia di pinguini alla deriva. I ghiacci del polo si stanno sciogliendo e i due uccelli simbolicamente color del mare cercano di resistere ancorandosi a un'ultima massa di ghiaccio. Si abbracciano fiduciosi nella reciproca solidarietà. Il mare è sempre stato per loro un amico confidente, un elemento sicuro in cui tuffarsi per esplorarne con audacia le profondità, ma ora esso sembra essersi fatto pericolosamente ostile. I due amici sarebbero stati destinati a perire se Basili non avesse gettato loro una magnifica ciambella di salvataggio e un salvagente policromo che con la varietà cangiante dei loro colori inneggiano la vita e al cambiamento. Un richiamo voluto all'universo dei bimbi che guardano il mondo con sincera genuina fiducia. Dunque Basili getta un’ ancora di salvezza alle nuove generazioni, quelle che il pianeta vogliono salvarlo davvero con impegno ostinato e provocatorio proprio come quello che muove l'autore a concepire un'opera come questa.

Questi ultimi anni, le guerre sono tornate ad essere una notizia di apertura nei nostri giornali. I diritti umani sono ignorati e la voce delle istituzioni internazionali sembra debole rispetto alle azioni violente contro le popolazioni civili. La reazione contro queste ingiustizie e la voglia di aiutare dando il proprio contributo arriva da tutti i settori, anche da quello dell'arte.
Realizzare l'opera "SPACE" è quello di promuovere la pace e la volontà di costruire e mantenere la pace nel mondo. Le armi sono l'arte, i colori, il mosaico! "Se vogliamo insegnare la vera pace in questo mondo e portare avanti una vera guerra contro la guerra, dobbiamo iniziare dai bambini." Mahatma Gandhi L'arte musiva è il simbolo in cui ognuno può vivere con la sua cultura e identità, creando insieme il mosaico della coesistenza e unione, in armonia e pace.

Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra!" più che una filastrocca per bambini sembra l’oscuro presagio di questa epoca segnata da ferite profonde alle genti e al pianeta.
“Casca il mondo” è il titolo del dittico per il tema di Contesteco 2025: la Giustizia. Sociale, Ambientale, Umana che si fa fatica a riconoscere in scenari mondiali che corrono sull’alta velocità della “Terza guerra mondiale a Pezzi”.
“Casca il mondo” vuole piuttosto mettere a fuoco il contrario, ovvero l’iniquità che affligge il pianeta in due narrazioni visive: “Ma solo mille Papaveri Rossi” dedicato al conflitto di Gaza (foto allegata) e “Amazon Burning” un controcanto sull’equivoco del brand. Due motivi di ingiustizia così fortemente caldeggiati dai potenti (e irresponsabili) attualmente al governo del mondo.

Un occhio spalancato, prigioniero di paure ancestrali e futuribili, guarda allucinato l'orlo di un abisso imminente, disegnato dalla follia collettiva.
La condizione di osservatori solitari, che guardano il mondo attraverso dispositivi elettronici, forse sarà la premessa per un futuro distopico e allucinante. L'incontro oltre il display, il monitor e lo schermo, anche se sofferto e tormentato, credo sia la risposta più efficace, per il nostro futuro.

L’opera propone una spazio fisico, scenico, rappresentato da un periatto, ovvero un prisma triangolare aperto in alto e su uno dei suoi spigoli verticali, per permettere il gioco di riflessi di luce sulle pareti interne rivestite da materiale riflettente. Le pareti esterne sono nere e presentano ognuna dei diaframmi semi opachi, due circolari ed uno quadrato, da cui filtra in parte la luce.
L’idea del futuro, che è inconoscibile, ha suggerito il concetto di “nulla”, considerato in diverse accezioni.
Il nulla inteso come spazio vuoto e dunque potenzialmente completo, come il nulla generativo della fisica teorica, come il colore predominante dell’opera, ovvero il nero, somma di tutti i colori.
Il nulla come svuotamento che permetta la rinascita, la rigenerazione come contemplato dalla filosofia zen ed il vuoto come annullamento dei pregiudizi, da cui poter derivare pace e giustizia.
La parola “nulla” è presente con tre codici, il braille, il morse ed il binario, i quali usano gli elementi geometrici del cerchio e del quadrato, gli stessi dei tre diaframmi di questo spazio vuoto, che vuol essere accogliente ed armonico.
Ringrazio Fabiola Faidiga per il contributo alla scelta del titolo e Francesca Noceti per il fruttuoso confronto che ha prodotto la sintesi concettuale dell’opera.

"SilentWALL" nasce come riflesso e interrogazione sull'oggi, per l'edizione 2025 di ContestEco, il cui tema "Porte Aperte al Futuro: Pace, Giustizia, RiGenerazione e Sostenibilità" ne accoglie l'urgenza. L'opera si manifesta in una quinta autoportante bifacciale, un diaframma materico che si offre allo sguardo e al percorso, invitando a un confronto con le dissonanze del nostro tempo.
Da un lato, la materia si fa eco di una condizione di sofferenza acuta. Su una superficie accidentata, ferita, quasi ustionata dal reale, un affastellarsi denso di vestiti vuoti e scodelle genera uno "schiacciamento" visivo. Questa compressione non intende rappresentare, ma evocare la memoria di immagini toccanti, come le resse disperate del popolo di Gaza che chiede cibo. Lo "schiacciamento" è dunque duplice: è la traccia di un dramma umano e, al contempo, la metafora di innumerevoli interrogativi che si infrangono contro un muro. L'intento non è simboleggiare o definire, ma accostare forme e materiali a un concetto difficilmente esprimibile, affidandosi alla loro pura risonanza emotiva.

La didascalica espressione "la guerra è un passaparola" presente nel titolo, è una metafora che, per quanto approssimativa e banale, risulta drammaticamente innegabile, suggerendo come la guerra sia la conseguenza, e non la causa, di comunicazioni semplicistiche, di quelle che nascono dal basso, di quelle che si fondano sull'inconsapevole giudizio della distratta quotidianità, in cui odii, rancori e violenze di qualsiasi tipo si annidano spesso senza volerlo e poi si diffondono, si stratificano e si legittimano nel tempo al punto da prendere consistenza e divenire un'eco che si propaga verticalmente nelle civiltà fino a raggiungere i suoi più autorevoli vertici, il cui influenzato operare si tinge di irreversibilità. Tale fenomeno, per la sua capillare e preoccupante diffusione, è da considerarsi alla stregua di una vera e propria epidemia, dove le parole sono responsabili del contagio.
Video generato con intelligenza artificiale che mette in scena l’assurdo glamour di un’umanità sull’orlo dell’estinzione. Corpi levigati, sorrisi artefatti, abiti scintillanti e ambienti lussuosi si muovono come icone pubblicitarie dentro un mondo che brucia – letteralmente – e si disgrega in una valanga di rifiuti. L’opera è una provocazione visiva sull’ipocrisia e la stupidità del nostro tempo, sul culto della ricchezza e dell’apparenza in un'epoca di collasso ecologico, solitudine diffusa e finzione relazionale.
Un’ode grottesca al consumismo terminale, in cui il deluxe si rovescia nel garbage.
Il lavoro dialoga ironicamente con il tema del concorso, mettendo in luce la tensione tra bellezza apparente e verità nascosta, tra forma patinata e contenuto disumano. Una critica poetica e tagliente alla spettacolarizzazione dell'auto annientamento.
Un’idea di Patrizia Genovesi
Regia e Realizzazione di Patrizia Genovesi.
In un tempo segnato da interconnessioni globali e tensioni profonde, questo corto invita a riflettere su una domanda cruciale: può esistere vera pace senza giustizia condivisa? Attraverso un dialogo profondo tra umano e intelligenza artificiale, emergono le contraddizioni di un mondo in cui la pace talvolta maschera l’ingiustizia, e la giustizia assume forme diverse a seconda delle culture. È un percorso tra fragilità, immaginazione, riconoscimento reciproco e complessità. Non si offre una risposta definitiva, ma un invito a ripensare la convivenza, l’educazione e il coraggio di immaginare insieme un futuro più umano.

Una donna guarda l'infinito, il cielo è scuro e il mare mosso. Nuvole nere di pioggia si addensano all'orizzonte. Il peggioramento del clima è uno degli effetti dell'industrializzazione e della vita dell'uomo sulla terra, ma non tutto è perduto, la donna dai capelli grigi porta la sua saggezza, sa che qualcosa si può fare e che quel qualcosa parte da noi: è il nostro cuore, scrigno di emozioni ed esperienze che può fare la differenza. Da lui scaturiscono le parole, perché qualunque cosa abbia nome esiste o si può creare, e gli alberi, i prati, la natura si espande, facendo presagire che l'effetto può essere prorompente. Dal cuore si dipartono anche dei fili, sono rosso sangue, il colore della vita. S'incuneano tra la nuvole e il mare, la loro azione è così forte da rischiarare la linea dell'orizzonte. E' dentro di noi la forza per cambiare il mondo.

Il nome Fenice proviene da una leggenda egizia come simbolo del ciclo di vita, morte e resurrezione. Da qui il ramo secco rivive in una scultura green.

Rappresentazione della guerra attraverso la scelta dei materiali metallici e ruvidi, uno sguardo però di speranza nell'immagine fotografica che sfonda la rete delle trincee e guarda oltre, verso la pace ed un futuro migliore per tutti i popoli.

Dove la sostenibilità ed il riciclo sono alla base della creazione. Le porte al futuro sono aperte, spetta a tutti noi la scelta del bene, dell' unione, dell' ecologia, ma soprattutto l' essere gli uni per gli altri. Aprendo i nostri cuori a ciò che abbiamo di bello sotto gli occhi. La mano del cuore dovrebbe essere sempre pronta a sorreggere il prossimo chiunque esso sia. Simboli di varie culture che si compongono e si fondono le une con le altre per formare quello che tutti noi chiamiamo Pace, amore, luce, serenità, rispetto per tutti e futuro.

"Cosa dovrebbe sollecitare un Giubileo? Essendo un evento religioso di grande importanza per la Chiesa cattolica, invita i fedeli a un cammino di fede, speranza e rinnovamento. Il mio lavoro parte da quest'ultima parola "rinnovamento", e cosa c'è di più importante che un Papa nuovo?
Ritratto di Leone XIV, il primo Papa americano della storia. Il Giubileo 2025, guidato da Papa Leone XIV, sarà un evento di grande importanza per la Chiesa e per il mondo, con un forte richiamo alla Pace e alla Speranza, delle quali tutto il mondo ha bisogno.

"Connessioni" è una scultura che si sviluppa come un intreccio di forme organiche, evocando l'interdipendenza tra gli elementi del mondo naturale e quello umano. Realizzata interamente con materiali di recupero, questa opera si inserisce in un discorso contemporaneo sulla sostenibilità, la rigenerazione e la giustizia ambientale, trasformando materiali di scarto in una nuova narrazione visiva e concettuale.

L'opera prende spunto dal Giubileo del 1300 che fu indetto da Papa Bonifacio VIII. Era un evento straordinario: un anno santo in cui i pellegrini visitando Roma, facevano penitenza e ricevevano l'indulgenza plenaria.
È storicamente importante perché fu il primo Giubileo della storia della Chiesa, e Dante stesso lo cita nel canto XVIII dell'Inferno, per orientare cronologicamente il suo viaggio (Inf. XVIII, vv. 28-33). Dante vede il Giubileo non come un atto di pietà, ma come un atto di propaganda e corruzione. Bonifacio VIII lo usò per aumentare il prestigio del papato e fare affluire denaro nella Chiesa tramite le offerte dei pellegrini. Dante era profondamente contrario al connubio tra potere spirituale e politico, e vedeva in Bonifacio uno dei principali colpevoli della decadenza morale della Chiesa.
La mia opera tratta la raffigurazione dell' ottavo cerchio dell'inferno di Dante dove le anime sono condannate per simonia.

L’opera raffigura un mappamondo ricoperto interamente con pezzetti di plastica spiaggiata, rinchiuso all’interno di una gabbia formata da banconote, la stessa impugnata da una mano dominatrice.
Il mondo di plastica rappresenta un pianeta segnato dall’inquinamento e dall’eccesso di consumo, mentre la gabbia di soldi simboleggia una prigione invisibile ma potentissima: quella del denaro. La stessa gabbia nelle mani dell’uomo a simboleggiare la sua potenza e avidità. Il messaggio va oltre la sola questione ambientale. Il denaro è qui rappresentato come la forza che intrappola e condiziona ogni aspetto della vita sul pianeta: le scelte politiche, i conflitti religiosi, le disuguaglianze razziali, l’esclusione sociale. È il filo conduttore che spesso impedisce l’apertura, il dialogo e la costruzione di un mondo più umano.

Il genere umano è certamente ad un bivio dove le nostre azioni di oggi plasmeranno il mondo dei nostri figli e nipoti.
Certamente i cambiamenti climatici imporranno una nuova visione di produzione dei beni improntata alla piena sostenibilità delle risorse.
Ma il vero enigma cui l'uomo dovrà tendere ogni energia per risolverlo sarà lo sviluppo tecnologico che tenderà inevitabilmente a soppiantare la sua figura.
L'uomo sarà disposto a cedere il testimone a questo Giano bifronte o la guida dell'attività umana rimarrà saldamente nelle sue mani?
Dall'esito di questo confronto dipende tutto, l'intelligenza artificiale sarà un alleato dell'uomo o l'inizio della sua fine?